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PALMA DA ZUCCHERO: Dolci Tropici

Nelle antiche civiltà del Mediterraneo, il compito di addolcire gli alimenti veniva svolto dal miele oppure dalla frutta secca (datteri e fichi su tutti). Lo “zucchero” come lo intendiamo ora, quello di canna o di barbabietola, era ancora di là da venire.

In ordine di tempo, la prima specie coltivata per dare il gusto dolce alle nostre ricette e alle nostre bevande, probabilmente non è stata la canna da zucchero (Saccharum officinarum), bensì la palma da zucchero, la Arenga pinnata; la provenienza è la medesima, ossia il Sud-est asiatico, ma la differenza sta nel fatto che la canna da zucchero è una erbacea annuale, quindi più facilmente coltivabile, rispetto alla palma, che va trattata come albero. è il mito ad aiutarci: secondo la tradizione di Minahassa, popolazione di Celebes (o Sulawesi, Indonesia), i primi Adamo ed Eva dell’umanità si nutrivano dei prodotti di questa Arecacea.

Eccone una breve descrizione: fusto unico non ramificato, alto fino a 12 m, che eccezionalmente raggiunge i 20; tronco coperto dallo strato di foglie invecchiate che non cadono subito, dalle basi delle foglie stesse e da lunghe fibre e spine scure; a loro volta, ciuffo di foglie apicali molto grandi, spesso oltre i 10 m, composte da segmenti allungati e sottili, ad apice acuto; infiorescenze lunghe e pendule, ramificate, che portano alternativamente solo fiori maschili o solo femminili, ma sempre sulla stessa pianta (specie monoica); frutti globosi (3-4 cm di diametro), di lenta maturazione (anche 5 o 6 anni), con in media tre semi gialli ciascuno.

Allo stato selvatico, la Arenga pinnata vive in buona parte dell’Indocina (Myanmar e Thailandia), nelle Filippine e a Celebes (o Sulawesi), ed oggi è coltivata e spesso naturalizzata in molte altre parti del globo dagli analoghi climi tropicali: penisola Indiana, Cina meridionale, resto dell’Indocina e dell’Indonesia, Nuova Guinea. Al di fuori di queste aree, se ne è iniziata la coltura anche in Africa equatoriale (ad es. in Benin).

La palma da zucchero ha la simpatica proprietà di fruttificare tutto l’anno; con i suoi frutti arrostiti, a Giava, si prepara il piatto tipico detto “kolang kaling”, e con quelli lessati la bevanda detta “kolak”. Di questa palma ciò che conta è però soprattutto la linfa, da cui si estrae uno zucchero, noto in India come “gur”, e in Indonesia come “saguer” (si noti la assonanza con l’inglese “sugar”). La linfa può essere usata direttamente come dolcificante, ma spesso viene fatta fermentare per produrre vino (chiamato genericamente “toddy”, come per la linfa di altre palme) e aceto. Anche il fusto è utile per la nostra alimentazione: ogni esemplare può contenere fino a 75 kg di amido, con il quale si ottiene una farina analoga a quella del sago, la palma Metroxylon sagu. Le foglie sono usate per la copertura dei tetti; con le fibre, dette doh, gomuti o cabonegro, si fabbricano spazzole e corde particolarmente resistenti; i fiori ricchi in nettare sono appetiti dalle api.

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