Avevo scelto il nome italiano “ginseng siberiano” per la Araliacea nota in botanica come Eleutherococcus senticosus, cosa che tutti i botanici del mio Paese fanno. Poi ho notato che se fossi stato un commerciante avrei potuto incorrere in qualche infrazione, almeno negli States: la legge americana dice che si può mettere in commercio con il nome di “ginseng” solo un prodotto derivato da specie del genere Panax, quindi il Panax ginseng (il vero ginseng, che è asiatico) oppure il Panax quinquefolius (il ginseng americano). In effetti, sull’onda di quanto succede oltreoceano, anche in Italia già diversi prodotti di erboristeria e parafarmacia recano sulla etichetta la dicitura “eleuterococco” e non più “ginseng siberiano”. E questo può anche andar bene: l’eleuterococco ha una sua dignità, che regge il confronto con il più famoso (e quasi abusato) ginseng.
L’eleuterococco abita le foreste umide dell’Asia nord-orientale, fra Cina (Manciuria), Giappone (Hokkaido), Koree e Russia (estreme regioni orientali).
La parte utilizzata è la radice, bruna, contorta, rugosa e dalla consistenza legnosa. Da essa si estraggono principi attivi che lavorano sul metabolismo proteico ed ormonale (per tale ragione, oltre ad essere anabolizzante, viene considerato afrodisiaca), sul sistema immunitario (stimola la risposta immunitaria aspecifica ad opera dei linfociti), sulla circolazione sanguigna e quindi sulla ossigenazione del cervello, un po’ come la caffeina. Nella tradizione locale, l’eleuterococco era anche indicato contro l’asma e le malattie polmonari in genere.
In sostanza l’eleuterococco è un adattogeno, che però in soggetti sensibili mostra qualche controindicazione, fra cui cefalea, vomito, ipertensione, aritmie cardiache. Ma il problema è come vengono immessi i suoi prodotti in commercio: spacciandolo per elisir di lunga vita siberiano, viene subdolamente suggerito nel trattamento delle turbe sessuali e nella frigidità femminile, dando per certo un aumento della libido. E tutti di corsa a comprarlo. E poi si va a vedere che, da ricerche condotte negli USA qualche anno fa, un quarto dei prodotti, in gocce o in compresse, che dichiaravano l’eleuterococco fra gli ingredienti, in realtà non ce lo avevano…