Bella la Polinesia, spiagge finissime, mari cristallini, isole da sogno... tutti noi vorremmo andarci a stare, ma ricordiamoci che, per viverci davvero, bisogna procurarsi l’acqua, quella dolce, quella da bere. Non è un caso che alcune leggende delle isole del Pacifico siano incentrate sulla ricerca della preziosa acqua. Una di queste viene dalle Hawaii, e ci parla di due anziani coniugi abitavano un luogo dove non c’era acqua, che dovevano procurarsi molto lontano da lì. Pregavano ogni notte fino a che fecero un sogno, che indicava una sorgente presso un certo albero che cresceva non lontano dalla loro casa. Sradicarono l’albero, e trovarono una sorgente di acqua limpida e fresca. Questa fiaba riportata dal Cattabiani, e che altrove (Tahiti) ho ritrovato con la variante di due bambini - fratellino e sorellina - al posto dei due vecchi, ha sempre al centro la stessa pianta, ossia il pandano, “hala” in lingua polinesiana.
Il pandano è stato fondamentale per gli abitanti del Pacifico, che lo portavano con sé nella colonizzazione di nuove isole, insieme all’altra fondamentale specie, l’albero del pane (Artocarpus altilis). Oggi il pandano è diffuso dall’Australia all’Indonesia, a Sri Lanka, alle Hawaii e a Tahiti; il suo viaggio dovrebbe perciò coincidere con quello dei primi Polinesiani, ed essere iniziato dall’arcipelago indo-malese.
La polpa del frutto di pandano, commestibile sia da cruda che da cotta, è dunque sempre stata una preziosa risorsa di cibo per molti popoli del Pacifico (ad esempio quelli degli atolli della Micronesia). Le foglie sminuzzate rientrano in alcune salse tipo curry (Sri Lanka), oppure sono usate intere per aromatizzare i cibi, fasciati “al cartoccio” sulla brace (Fiji e Samoa). Le stesse foglie servono a fare stoffe, tappeti, ceste, ed anche i tipici gonnellini indossati nelle tipiche danze locali. Le proprietà medicinali del pandano, presenti a vario modo in foglie, frutti e radici, riguardano le infiammazioni cutanee e quelle urinarie, il mal di stomaco, le cefalee, i dolori reumatici. Le resistenti nervature della foglia funzionano anche da filo interdentale.