In tempi in cui la scienza aveva un po’ meno successo della superstizione, della magia e della stregoneria, era diffusa la credenza che la sostanza detta “sangue di drago” si ottenesse davvero dal sangue di un drago. Alcuni Autori dell’antichità, un po’ più seri, riportavano, con un errore in parte comprensibile, che il sangue di drago fosse ricavato dall’albero del drago, ossia la Dracaena draco, una Asparagacea Nolinoidea che vive nelle isole Canarie e Madera, e che ha rappresentanti del genere anche altrove (ad esempio sull’isola di Socotra, nell’oceano Indiano).
Invece, la sostanza detta sangue di drago viene da una specie di palma che vive dall’altra parte del mondo: oggi l’origine della pianta del sangue di drago, che in botanica è il Calamus draco, è abbastanza certa, e riferita a due sole grandi isole del Sudest asiatico, ossia Borneo e (soprattutto) Sumatra.
Non c’è solo questa specie di Arecacea a dare il sangue di drago, che si può ottenere anche da diverse altre specie di Calamus, tutte provenienti dalla stessa area geografica. Il colorante viene commercializzato in perline, è insolubile in acqua, e trova un largo impiego nella preparazione di oggetti laccati di pregevole fattura (che spesso costituiscono una irresistibile calamita per i turisti che visitano quei Paesi).
La resina “sangue di drago” ha anche proprietà medicinali: già citata in un testo cinese del V secolo d.C., viene usata sotto forma di unguento per fermare emorragie, disinfettare e cicatrizzare ferite, ridurre le infiammazioni; l’uso interno, più raro, ne sfrutta le proprietà astringenti ed antinfiammatorie.