Ci sono tre camelie importanti per l’umanità, che l’uomo ha imparato a sfruttare per i suoi fini. La Camellia sinensis è il the, e sfido chiunque a dire che il the non è importante per le abitudini alimentari di milioni di persone. La Camellia japonica è la camelia dei giardini, una dei più diffusi ed apprezzati arbusti ornamentali del pianeta. E poi, meno famosa almeno per noi Occidentali, c’è la Camellia oleifera, che qui chiameremo “la pianta del the da olio”.
La parte ecomomicamente più importante di questa specie è proprio il seme, nella cui sostanza oleosa sono contenuti all’80% grassi monoinsaturi; per tale motivo, al pari dell’olio di oliva, viene consigliato per combattere il cosiddetto”colesterolo cattivo” (LDL). L’olio di semi di camelia, ottenuto per spremitura, viene usato in cucina per la cottura o per il condimento di diverse pietanze, ma anche per produrre saponi e combustibile per illuminazione, esattamente come era un tempo per l’olio di oliva.
In Giappone questo olio serve ad ungere e a proteggere gli utensili in legno e in metallo, così come certe stoffe pregiate: è lo stesso uso affidato all’olio di Tsubaki, che però si ricava dalla Camellia japonica , da noi usata solo come piante ornamentale.
Allo stato selvatico la Camellia oleifera si incontra ancora nelle foreste della Cina meridionale, e nelle limitrofe regioni del Laos, del VietNam e della Birmania. La sua coltivazione in Cina è vecchia di millenni; da lì si è poi diffusa in molti altri Paesi dell’Oriente, soprattutto in Giappone.