Piante in viaggio

 

 Le protagoniste

 

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FERULA: Usi propri ed impropri

Con le mani io so fare pochissime cose, a parte tenere il mouse, battere sulla tastiera e portarmi il cibo alla bocca; anche per questo ammiro incondizionatamente chi si diletta di origami, chi aggiusta orologi, chi decora torte o chi costruisce navi in bottiglia. E dunque immaginatevi la mia meraviglia quando, nel cuore della Sardegna, un pastore della Barbagia mi confezionò, là per là, una minuscola sedia, un piccolo sgabello usando i fusti di una pianta comunissima in quei pascoli pietrosi: la ferula.

Nel paesaggio sassoso della Sardegna, ma anche altrove un po’ in tutto il Mediterraneo, la ferula, cioè la Ferula communis, si nota bene: è una grande pianta erbacea perenne, alta più di un metro, ma capace di arrivare anche a tre. Ha un fusto eretto, cilindrico, un po’ legnoso alla base e ramoso nella metà superiore, dall’interno midolloso e l’esterno striato, di colore verde-violaceo. Le foglie verdi chiaro sono dotate di una vistosa guaina giallastra; le basali sono lunghe 30-60 cm, pluripennate, suddivise ulteriormente in lacinie lineari finissime che le danno un aspetto di merletto; quelle superiori sono progressivamente ridotte fino alla sola guaina che avvolge l’infiorescenza pronta ad aprirsi. La ricca infiorescenza di questa Ombrellifera è fatta a sua volta da piccoli fiori a 5 petali gialli, disposti in ombrelle terminali a 20-40 raggi. Gli altrettanto piccoli frutti sono ovoidali, schiacciati lateralmente e provvisti di alette.

Come ho visto con i miei occhi, con la ferula si fanno sedie e sgabelli leggerissimi, e qualche altro oggetto di artigianato; si tratta di un uso proprio, ma un tempo ce n’era anche uno improprio: quando la scuola era un po’ diversa da adesso (e qualcuno magari la rimpiange), il fusto della ferula era lo strumento preferito per impartire punizioni corporali agli scolari indisciplinati. “Ferula” significa infatti in latino “canna, bacchetta, sferza”. Però oggi le scuole in genere sono in città.

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