Mi sono sempre stati simpatici i Fenici, per due motivi: hanno inventato l’alfabeto da cui discende quello che sto usando adesso (il fonetico letterale), e viaggiavano molto. Così immagino i navigatori Fenici muoversi da un capo all’altro del Mediterraneo, sulle loro agili navi, fondando colonie tuttora importanti: Cagliari, Malaga, Siviglia, Marsala, Palermo. E forse anche circumnavigando l’Africa, come sostiene con qualche dubbio Erodoto; il viaggio sarebbe stato compiuto nel VII secolo a.C., su ordine del faraone egizio Néchao, ma non tutti credettero al loro resoconto: dicevano che il sole sorgesse alla destra dei naviganti, anziché alla sinistra… duemila anni dopo Bartolomeo Diaz e Vasco de Gama avrebbero dato loro ragione.
Come si intuisce, il ginepro fenicio ha un areale centrato soprattutto sulle coste mediterranee, dove compare nella macchia e nel forteto, sulle spiagge, su rupi calcaree e in ambienti aridi in genere.
Non tutti sanno però che questo ginepro è una pianta ad azione molto tossica nelle foglie e nei rami giovani, che possono addirittura causare al contatto irritazioni cutanee nei soggetti sensibili, e per ingestione risultano abortive. Offre comunque un ottimo legno adatto alla costruzione di mobili, arnesi e suppellettili varie. E poi le galbule del ginepro fenicio sono apprezzate per l’olio resinoso: come le più note “bacche” del ginepro (Juniperus communis), rientrano a volte nella preparazione del liquore detto gin. E questo me lo rende di nuovo simpatico.