Come asserisce Teofrasto nel III secolo a.C., i Greci distinguevano già diverse varietà di ciliegio, prova evidente di una attenzione colturale iniziata ben prima dell’era cristiana. Se ricca e spesso puntuale è la documentazione relativa al Prunus avium, peraltro presente tuttora in forma selvatica in Europa e Asia, scarsa e incerta è invece quella su un suo stretto parente, il ciliegio acido, o Prunus cerasus. Forse i frutti di quest’ultimo, le cosiddette “amarene”, o “visciole”, o “marasche”, sono raffigurati in un affresco a Pompei; forse Virgilio si riferiva a questa pianta, in un passo delle Georgiche, citandola come portainnesto per il più nobile ciliegio. Ma le amarene non sembrano essere apprezzate più di tanto dai buongustai del mondo classico, e Apicio, il più celebre gastronomo di Roma antica, non le nomina mai.
Oggi si è abbastanza certi che l’amareno provenga dall’Asia minore, dove infatti si trova, nei pressi del Mar Nero, la cittadina di Kerasun, da cui “cerasus”. Ma non si esclude che, grazie anche alla sua coltivazione, il suo areale originario, individuato nel Caucaso, si sia ampliato sia verso Oriente, arrivando in Asia centrale fino oltre al mar Caspio, sia verso Occidente, in Europa, attraversando i Balcani fino all’Adriatico.
È interessante notare che in Dalmazia si trovi spesso una sua varietà selvatica, o meglio inselvatichita: si tratta della marasca, da cui si ottiene il famoso liquore maraschino. Poco più a sud, in Albania, l’amareno è chiamato “vyssine”, parola che ha la stessa radice del tedesco “wechsel”, e dell’italiano “visciolo” (da taluni il visciolo è però considerato solo una varietà dell’amareno).
Le amarene sono ottime per conserve, marmellate, sciroppi e liquori (appunto il maraschino, il liquore che D’Annunzio definì “sangue morlacco”, non chiedetemi perché). Come il ciliegio ed ancor più il ciliegio selvatico, l’amareno ha proprietà medicinali: i piccioli sono astringenti e diuretici, la polpa è emolliente e adatta a pelli secche e screpolate, e l’olio dei semi è impiegato come base in alcuni prodotti di cosmesi.
Resta una domanda fondamentale: ma come fanno le amarene Fabbri ad avere sempre esattamente lo stesso gusto da quando le conosco?