La macchia mediterranea, soprattutto a primavera, è una meraviglia di colori e di profumi: cisti, ginestre, lavande, rosmarini, timi ed elicrisi concorrono a darci quella sinfonia di sensazioni che, con la complicità del sole, ci aiutano a toglierci di dosso il grigio e l’umido dell’inverno appena trascorso.
A guardare bene, però, vi possiamo trovare anche un anonimo arbusto che non ha fiori colorati né tanto meno profumi (anzi…); sembra quasi darsi alla macchia, da quanto poco si faccia notare… È l’alaterno, il Rhamnus alaternus, il cui genere dà il nome alla famiglia delle Rhamnaceae.
Più che della macchia, l’alaterno fa parte del corteggio floristico della lecceta, ma si trova anche comunemente nelle macchie alte e nei forteti. Il suo areale gravita sul Mediterraneo (in Liguria raggiunge il punto più settentrionale di distribuzione).
Parente della cascara sagrada e della frangola, l’alaterno ne ricalca in modo attenuato le proprietà lassative, derivanti dai frutti, raccolti in agosto-settembre, e soprattutto dalla corteccia. Il legno molto duro, di colore giallo-bruno e dal caratteristico odore sgradevole al taglio, è impiegato per lavori di tornitura o ebanisteria. Nell’industria dei colori si usava per tingere di giallo-verde i tessuti, ma anche oggi si adoperano foglie e rami freschi e frutti per l’estrazione dei pigmenti: dai primi si ottiene una tinta giallo-arancio, mentre dai frutti deriva il “verde di vescica” o “verde vegetale”.