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Le api fanno la transumanza

Tema (industria): Le piante mellifere

Uno dei primi lavori che ho fatto è stato una consulenza sulle piante mellifere: mi avevano chiesto di individuare quali specie avrebbero potuto dare la maggiore produzione di nettare per la operosità delle api. Non c’era solo da badare alla quantità, ma anche alla qualità, visto che in tal modo forse si sarebbero potuti ottenere mieli di pregio.

Il miele si divide fondamentalmente in due categorie: il miele ottenuto da tutte le piante che ci sono in zona, chiamato commercialmente “millefiori”, e i tanti mieli “monoflora”, che prendono il nome dalla pianta mellifera prevalente da cui le api hanno succhiato il nettare. Per inciso, da che pianta provenga quel miele lo si capisce analizzando il polline rimasto intrappolato nel denso liquido zuccherino; e può essere riconosciuto come monoflora solo quel miele che ha almeno il 40 % di polline appartenente a quella specie, o comunque la netta prevalenza rispetto alle altre.

Per ottenere miele monoflora, gli apicultori utilizzano il metodo della cosiddetta transumanza: individuata una zona dove abbondano gli esemplari di una specie a copiosa fioritura, vi portano gli alveari, e lasciano che le api vi raccolgano il nettare in un tempo breve (ma di lavoro intenso).

Si ottiene così ad esempio il miele di acacia, che in realtà è quello della Robinia pseudacacia, un invadente albero che si trova spesso da noi in formazioni quasi pure in aree degradate o manomesse.

È così anche per il rododendro, la cui fioritura all’inizio dell’estate ci regala un miele cremoso e profumato: come le pecore, anche le api vengono portate in alta quota sui rilievi delle Alpi e dei Pirenei, dove vegeta il Rhododendron ferrugineum.

Grandi formazione di un’unica specie, adatte alla bottinatura delle api, possono essere considerate certe monocolture, sia arboree che erbacee: i castagneti, gli agrumeti (soprattutto arancio), i campi di lavanda, di girasole e di colza. Qui sta alla bravura dell’apicultore indovinare i tempi esatti per far lavorare le sue… operaie. Eccezionalmente, in questo modo, si riesce anche a produrre miele di marruca (Paliurus spina-christi), di tarassaco, di eucalipto o di rovo.

Per chi sta in Sardegna, invece, non ci si deve spostare più di tanto per ottenere il miele di corbezzolo: semplicemente l’Arbutus unedo è una delle poche cose fiorite in pieno inverno. Basta lasciare gli alveari sul posto, e raccogliere il miele prima della fioritura primaverile; la produzione non è molta, ma le qualità organolettiche del miele di corbezzolo sono eccezionali (e il prezzo, in un certo senso, anche).

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