Biografia: Giorgio Gallesio
Se non fosse scomodo da raggiungere, l’Istituto Marsano sarebbe una scuola da sogno, piazzata com’è sulla collina di Sant’Ilario, con la vista su Genova da una parte e il monte di Portofino dall’altra. È in questo luogo ameno che ho avuto occasione di conoscere ed ammirare, ormai diversi anni fa, l’opera di Giorgio Gallesio, nota come la Pomona italiana.
Quello che viene definito “monumento della cultura scientifica e naturalistica dell’Ottocento italiano unico nel proprio genere”, dal “valore artistico eccezionale”, porta come sottotitolo “Trattato degli alberi fruttiferi”. Uscì in fascicoli, curati, finanziati e pubblicati mediante abbonamento, tra il 1817 e il 1839, grazie alla tenacia di un ligure nato nel 1772 a Finalborgo (provincia di Savona), e morto nel 1839 a Firenze, dove venne sepolto nel chiostro della Basilica di Santa Croce.
La Pomona italiana si inserisce a pieno titolo nel solco della tradizione illuminista della “pomologia”, iniziata nel 1768, a Parigi, con il Traité des arbres fruitiers, di H.-L. Duhamel du Monceau, e proseguita, fra le altre pubblicazioni, con la Pomona Franconica di Johann Prokop Mayer (1776-79), con la Pomona Bohemica di Matthias Roessler (1795), la Pomona Britannica di George Brookshaw (1812), la Pomona Londinensis di William Hooker (1818).
Per dare un’idea dell’importanza dell’opera, riprendo quanto segnalatomi dai curatori dell’Istituto Marsano: la Pomona Italiana è composta da 152 articoli, riuniti in 41 fascicoli non rilegati, in massima parte (142) dedicati alle varietà di 17 specie relative ai seguenti frutti: Albicocca (5), Carruba (1), Castagna (1), Ciliegia (9), Dattero (1), Fico (21), Giuggiola (2), Biancospino (2), Mandorla (2), Mela (8), Melagrana (1), Oliva (1), Pera (21), Pesca (28), Pistacchio (2), Susina (10), Uva (26). L’esemplare in 4 tomi in-folio della Pomona conservato presso l’Istituto è fatto da 1114 pagine (723 pagine di testo trascritte da 67 collaboratori e 160 tavole a colori; le restanti 231 pagine sono frontespizi, fogli di guardia, indici e appendici).
La bravura del mio conterraneo è quella di aver saputo abbinare scientificità e bellezza: mentre esigeva accuratezza e completezza nei testi descrittivi, il Gallesio seguiva meticolosamente il lavoro degli artisti che aveva chiamato alla redazione delle tavole botaniche, annotandone i miglioramenti per ottenere quanto più possibile la corrispondenza al reale. Con ottimi risultati.