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La morte dell’ultimo sopravvissuto

Episodio: l’albero del Tenerè

Il deserto del Tenerè è un pezzo di Sahara, piazzato grosso modo nel Niger settentrionale: è bello, inquietante ed inospitale come tutti i deserti. Qui, in questo nulla, viveva un tempo un solo albero, l’unico nel raggio di oltre 400 km.

Era l’albero del Tenerè, un rappresentante della specie Acacia tortilis, detta volgarmente acacia ad ombrello. Non era molto alto, sui 7-8 metri, ma ciò bastava a farlo emergere sul paesaggio, piatto e uniforme, del Teneré. Aveva però radici molto sviluppate , che raggiungevano i 40 m di profondità nel terreno, dove attingeva l’acqua per sopravvivere in quelle condizioni estreme.

L’albero del Teneré era già un sopravvissuto: faceva evidentemente parte di una formazione arborea omogenea, scomparsa con il processo di desertificazione avvenuto negli ultimi secoli (indirettamente, quell’albero dimostrava che il Sahara non era stato sempre un deserto, bensì almeno una savana).

Ecco la descrizione fornitaci da Michel Lesourd, ufficiale francese del Servizio centrale degli affari sahariani, nel 1939: “Bisogna vedere l’albero per poter credere alla sua esistenza. Quale è il suo segreto? Come si può essere ancora vivo nonostante le moltitudini di cammelli che gli calpestano il terreno attorno? Come mai i carovanieri non lasciano mangiare ai propri cammelli le sue foglie e le sue spine? Perché i molti Tuareg che guidano le carovane del sale non hanno tagliato i suoi rami per fare il fuoco per il tè? L’unica risposta è che l’albero è tabù ed è 
considerato come tale da tutti. C’è una sorta di superstizione, un ordine tribale che viene sempre rispettato; ogni anno i membri delle carovane si riuniscono intorno all’albero prima di affrontare la traversata del Ténéré: questa Acacia è diventata per loro una specie di faro, il primo e l’ultimo punto di riferimento quando si lascia Agadez per Bilma, o per il ritorno.” Queste carovane erano le Azalai, le mitiche carovane dai mille cammelli, e quello il loro albero.

L’albero più isolato del mondo morì nel 1973, per colpa di un camionista libico ubriaco che lo investì alla base, spezzandolo. Adesso riposa in pace in un monumento funerario che si trova al Museo Nazionale di Niamey, la capitale del Niger. Al suo posto, nello stesso punto indicato dalle coordinate 17° 45’ N e 10° 04’ E, c’è oggi una specie di palo in ferro, una scultura metallica che lo rappresenta. Ma non è più la stessa cosa.

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