Tema (cosmesi e casa): i coloranti vegetali per i capelli
Nel preparare questa scheda, mi sono imbattuto nella tecnica del “chapatsu”, scoprendo che la scelta di cambiare il colore dei capelli era, qualche anno fa, per gli adolescenti giapponesi un modo di ribellarsi, di essere anticonformista. Ed ovviamente i responsabili della scuola in Giappone, che non amano l’individualismo, anzi lo combattono aspramente, vietarono ai loro allievi di decolorarsi i capelli, che quindi dovevano risultare rigorosamente neri, e tanto meno di tingerseli di rosso, di verde o di blu.
Nella storia dell’umanità, piaccia o non piaccia ai dirigenti scolastici nipponici, il vezzo di tingersi i capelli è molto radicato. E un tempo, prima che i laboratori chimici iniziassero a sfornare molecole di sintesi, c’erano solo le piante.
La camomilla, che ormai si è diffusa dall’Europa e dall’Asia occidentale anche nel resto del mondo, è il colorante per capelli più in voga fra le bionde, ma più che un colorante – secondo gli esperti - funziona in caso di “colpi di sole” e per dare brillantezza ai capelli biondi… “slavati”.
Sempre nell’ambito del “biondo”, segnaliamo anche l’uso della calendula (Calendula officinalis), del tasso barbasso (Verbascum thapsus), della ginestra (Spartium junceum) e infine, anche se abbastanza teorico dati i costi, dello zafferano (Crocus sativus). Anche il succo di limone (Citrus limon) può servire a schiarire i capelli, mentre la radice di rabarbaro (Rheum officinale) aggiunge un tocco d’oro ai capelli castani chiari. Fra i gialli citiamo ancora la sudamericana quassia (Quassia amara), il cui uso medicinale è però preponderante.
È invece un vero colorante, e usato come tale anche in gastronomia e nell’industria tessile, la curcuma (Curcuma longa): presso certi popoli dell’India tingersi la chioma con il giallo della curcuma assume significati simbolici e propiziatori.
All’opposto, ci sono le piante che colorano di scuro. Mi stupisce un poco trovarci una pianta a cui non avevo pensato, e cioè la salvia (Salvia officinalis): citata come di uso assai antico, viene suggerita per rendere più cupo e profondo il tono smorto di capelli prossimi all’ingrigimento.
Rendono scuro tutto ciò che incontrano i potenti tannini contenuti nel mallo di noce (Juglans nigra), come ben sanno le dita di quelli che si preparano il nocino a giugno. Come colorante per capelli, le avvertenze sono quelle di usare i guanti e di non far interagire la tintura con la cute del cranio. Il risultato è un colore bruno, più o meno scuro a seconda delle diluizioni.
È ricca di tannini anche la corteccia dell’ontano nero (Alnus glutinosa), un albero molto diffuso da noi, specialmente in terreni umidi. La sua tinta cambia il grigio in castano scuro. Per scurire temporaneamente la capigliatura, va bene anche il caffè (Coffea arabica).
Tonalità scure, dal bruno al rosso, si possono ottenere da alcune acacie, la più famosa delle quali è la Acacia catechu (o Senegalia catechu).
Se vogliamo viceversa puntare sul nero corvino, possiamo usare direttamente le tinture a base di ricino (Ricinus communis), oppure di indaco (Indigofera tinctoria), che ovviamente ci regalerà anche riflessi blu. Per il blu ci sarebbe anche una pianta oggi un po’ dimenticata, che è il guado (Isatis tinctoria).
Questa carrellata potrebbe continuare a lungo, e sconfinare nei tanti prodotti cosmetici appositamente pensati per la cura dei nostri capelli: le piante sono numerosissime, iperico, ortica, ginseng, melissa, rosa canina, noce di cocco, the verde, caprifoglio, biancospino, rosmarino, roiboos…
Ne citiamo ancora una, la amla: nota ai botanici come Phyllanthus emblica, è una pianta dell’Asia tropicale, chiamata anche “bacca indiana” (Indian gooseberry), e molto sfruttata da quelle parti nella preparazione di tinture, inchiostri e shampoo. Serve soprattutto come mordente per fissare gli altri colori; il suo uso tradizionale, in forma di olio, nutre il capello ed il cuoio capelluto, e ne previene l’ingrigimento.