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MOGANO: Il rischio di avere troppo… successo

Sui manuali che trattano legni pregiati, potreste trovare una frase come questa: “L’esteso alburno giallo chiaro è ben differenziato dal durame giallo rosato o bruno rossastro, variegato, lucido, che acquista riflessi dorati con l’età. Viene apprezzato per i piacevoli effetti decorativi (come le impiallacciature figurate ottenute dalle ramificazioni del tronco e note come “piume”), per la sua facile lavorabilità e finitura e la sua durabilità naturale, che ne fanno un legno molto usato in ebanisteria, arredamento di interni, artigianato e scultura.”

Anche se oggi, a distanza di anni, la trovo un po’ troppo tecnica, questa frase, che si riferisce alle caratteristiche del mogano, in realtà fu scritta (a due mani: da Renata Briano e da me), per trattare di una delle più importanti essenze legnose del pianeta, noto in botanica come Swietenia mahagoni. Quel testo faceva parte di una serie di schede redatte in occasione del Cinquecentenario della scoperta dell’America, che a Genova fu celebrato ovviamente con il nome di “Colombiane”. Era il 1992.

Il mogano è un albero semideciduo, di media grandezza (al massimo 35 m). Le foglie sono composte, paripennate, piuttosto lunghe, divise in foglioline (da 4 a 10). I fiori sono piccoli, giallo-verdi, riuniti in pannocchie. Il frutto è una capsula legnosa dalla forma curiosa, che si apre in 5 valve liberando numerosi semi alati.

La specie Swietenia mahagoni è una Meliacea originaria dell’area caraibica (Bahamas, Cuba, Giamaica, Haiti e Santo Domingo, e nella contigua Florida), dove purtroppo la sua popolazione naturale è stata oggetto di sfruttamento pesante e malamente pianificato, al punto da dover essere inserita nella lista rossa delle specie a rischio di estinzione in Natura. Attualmente il mogano in commercio deriva quasi esclusivamente dalla affine Swietenia macrophylla, originaria dell’America continentale, dal Messico alla Bolivia e Brasile: per questa specie, finora, ci sono meno problemi di quando si ha troppo… successo.

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