Una pianta che farebbe una magnifica figura nei quadri di Rousseau il Doganiere è certamente l’ylang-ylang, appartenente alla famiglia delle Annonaceae: il suo nome, di chiara origine indomalese, mi ricorda che in molte lingue di quell’area il modo di rendere plurale un sostantivo è semplicemente quello di raddoppiare la parola.
In coltura si distinguono due forme di Cananga odorata: la cultivar “Ylang-ylang” è destinata alla produzione dell’olio “ylang-ylang”, molto apprezzato nella preparazione di profumi a cui danno una nota floreale, speziata, persistente; la cultivar “Cananga” serve nella preparazione dell’olio “cananga”, il quale a sua volta, mescolato con olio di cocco, è un ingrediente dell’olio di Macassar. L’industria dei profumi ne fa largo uso, valorizzandone l’aroma intenso, persistente, floreale e speziato, dalle proprietà balsamiche. E il profumo dell’ylang-ylang non manca mai durante le celebrazioni dei matrimoni a Bali: seguitene l’aroma, troverete la sposa (peraltro, viene ritenuto afrodisiaco…).
L’origine probabile della specie va cercata nelle Filippine; da lì l’ylang-ylang si estese presto per coltura in Indonesia, Polinesia, Melanesia, Micronesia; va detto però che dalla Prima Guerra mondiale la produzione filippina decrebbe fino quasi a scomparire, mentre si affermò anche più lontano dal sud-est asiatico, come alle isole Reunion, alle Comore e nel nord del Madagascar. Oggi la principale produzione si trova in Indonesia (Giava) e alle Fiji, ma anche la Cina (nella provincia del GuangDong) ha iniziato a darsi da fare.