Ci sono piante che mi sono simpatiche, per diversi motivi. Uno è perché si riconoscono facilmente, due perché le incontro sempre dove mi aspetto di trovarle, tre perché (caso più raro, ma utilissimo a chi come me fa il divulgatore botanico) si prestano facilmente ad una spiegazione didattica.
L’arisaro, o Arisarum vulgare, ha tutte e tre queste doti. Il suo fiore singolare, tipico delle Araceae, è inconfondibile, la specie non manca mai negli oliveti e lungo i sentieri delle zone mediterranee che frequento, e la sua struttura fiorale mi permette di dimostrare quanto siano ingegnose le piante nel farsi impollinare.
Le foglie, il fusto e le bacche dell’arisaro sono tossiche. Solo il suo rizoma, ricco di amidi, è commestibile, ed avrebbe proprietà lassative, diuretiche, espettoranti, afrodisiache, vulnerarie, cicatrizzanti: seccato e macinato in farina veniva un tempo consumato anche dall’uomo (oggi comunque piace molto ai cinghiali).