Nelle isolette di Trinidad e Tobago, se chiedete al ristorante un “maiale grasso”, è probabile che vi portino il frutto fresco di una pianta locale, conosciuto appunto con quel nome: “fat pig” (o “fat pork”). Questa pianta locale è il Chrysobalanus icaco, per gli amici semplicemente icaco; cresce spontanea non solo nelle isole dei Caraibi e delle Antille, ma in buona parte dell’America tropicale, dal Messico meridionale al Brasile. Lo si trova anche dall’altra parte dell’Atlantico, lungo il bordo occidentale dell’Africa Nera: è questa una ulteriore dimostrazione della teoria di Wegener, per cui un tempo i due Continenti erano uniti? Direi di sì.
L’icaco appartiene alla famiglia delle Chrysobalanaceae, affine a quella delle Clusiaceae, in cui si trovano diversi altri frutti commestibili tropicali del Vecchio e del Nuovo Mondo: mangustan, tamarindo del Malabar, bacuri, gourka, luli, kokum…
Il frutto non solo viene consumato fresco (per inciso, la polpa ha una consistenza carnosa e un sapore mediamente dolce), ma usato anche nella produzione di marmellate e gelatine.
La pianta è molto resistente alle alte concentrazioni di sale nelle acque circolanti, ragione per cui viene impiegata nella stabilizzazione delle dune costiere, a protezione della erosione eolica e marina. Ha anche un certo valore ornamentale.