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VIBURNO TINO: Rimettere al posto giusto

Le scelte dei giardinieri comunali della mia città si orientano spesso, nel realizzare siepi e bordure, verso un arbusto sempreverde dalla chioma rotondeggiante, che fiorisce molto presto, e ci fa già pensare alla primavera quando ancora è Carnevale. È il viburno tino, chiamato anche laurotino o a volte soltanto tino, una Adoxacea dal nome latino di Viburnum tinus.

Sul piano strettamente ecologico, si tratta di una buona scelta, visto che abbonda sui rilievi intorno a Genova; in Natura infatti è abbastanza diffuso nelle leccete (del cui corteggio floristico fanno parte) e nei boschi termofili e le radure dell’area mediterranea, prevalentemente nel settore occidentale. In pratica, è stato rimesso al posto giusto.

Il viburno tino è dunque un arbusto frondoso, di 1-3 m, con fusti eretti dalle ramificazioni opposte; i rami giovani hanno la corteccia chiara sfumata di rosso. Le foglie sono picciuolate, consistenti, a lamina lanceolata, di 5-8 cm di lunghezza; margine intero ed apice acuto, hanno colore scuro lucido sopra, e più chiaro sotto. Le infiorescenze terminali del viburno tino, simili ad ombrelle (corimbi), sono fatte di 15-30 fiori dal calice breve con sepali saldati alla base, e corolla con petali bianchi uniti in un breve tubo che si apre in 5 lobi ad apice arrotondato. I frutti sono drupe ovoidali di mezzo cm, di un grigio blu scuro a riflessi metallici, che fanno pensare all’iridescenza del petrolio.

I frutti di questa specie sono tossici per la presenza di una resina amara detta viburnina, e in passato venivano usati, con una certa precauzione, per curare l’idropsia. Il legno del tino, duro e compatto, si adoperava anche per intarsi e oggetti di artigianato.

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