Inutile che lo cerchiate in giro, il porro non si trova allo stato selvatico, e non lo troverete durante le vostre passeggiate da shopping verde: vi toccherà comprarlo. C’è chi ha provato tenacemente ad individuarne l’origine in Narura, citando di volta in volta l’Algeria, la Crimea, il Caucaso e addirittura l’India. Noi preferiamo pensare che il porro, classificato come Allium porrum, sia una specie fatta dall’Uomo, probabilmente derivata per selezione da Allium ampeloprasum, noto come porraccio o cipollotto, originario del Sud Europa e del Nord Africa (forse proprio in Algeria ne avvenne la prima selezione), ed utilizzato anche oggi come alimento.
Il porro è molto ricco d’acqua (più del 90 %) e quindi poco calorico a parità di peso, ma è anche ricco di vitamine (B9, B6), e di sali minerali, specialmente di potassio, mentre la presenza di sodio è quasi nulla: ciò fa del porro un ottimo diuretico. Inoltre i porri sono un lassativi, non aggressivi, adatti agli organismi più sensibili. La parte bianca del porro contiene fibre delicate, digeribili da parte di tutti, la parte verde contiene fibre un poco più dure.
Il porro ha sempre avuto un grande successo in cucina, oggi come ieri (antichi Romani compresi), ma forse non tutti sanno che la parola “purea”, o “purée” se si mantiene la trascrizione francese, deriva proprio dalla parola “porro”: alla Corte del Re di Francia, dove i cuochi avevano una certa predilezione per la elaborazione spinta, e sfornavano pastoni nei quali era spesso difficile riconoscere gli ingredienti, andava per la maggiore appunto il “purea” fatto essenzialmente di porro. Oggi il purea è quasi sempre di patate, o al massimo di piselli o di mele. Ma era di porro.