Piante in viaggio

 

 Le protagoniste

 

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ABRO: Il fagiolino portafortuna

In modo improprio, anche perché fortemente tossico, viene spacciato per liquirizia americana l’abro, o Abrus precatorius, una Leguminosa originaria invece delle montagne dell’Indocina, dove predilige terreni sabbiosi; la specie si è in seguito naturalizzata in altre zone tropicali (in Africa come, in effetti, nelle Americhe).

L’abro si presenta come una liana rampicante lunga fino a 5 m, perenne e legnosa alla base, dai rami giovani pelosetti; le foglie sono composte di 20-30 foglioline regolari; i fiori riuniti in racemo, papilionacei, sono rosa o purpurei, talora bianchi; il frutto è un legume appiattito, che contiene da 3 a 7 semi duri, brillanti, scarlatti con una macchia scura.

Sono questi inconfondibili semi che compaiono nella vetrina di Enrico Alberto D’Albertis, a comporre un rosario, da cui deriva il termine “precatorius”, ossia “da preghiera”; è uno fra i moltissimi oggetti che l’armatore genovese raccolse nei suoi giri per il mondo, oggi esposti nella sua casa-museo sulle alture di Genova, ribattezzato non a torto Museo delle Culture del Mondo, insieme ad altri amuleti, conchiglie, manufatti, fossili, e soprattutto libri (una libreria del genere è sempre stata il mio sogno).

L’abro, come si è detto, è una pianta altamente tossica: un solo seme potrebbe bastare per dare esito mortale, e fino a qualche tempo fa gli indiani, che la chiamano “gunga”, la usavano per avvelenare le frecce per le partite di caccia. Ma ciò non toglie che l’abro sia una pianta usata in medicina tradizionale: in quella indiana si usa come rimedio esterno per affezioni cutanee, essenzialmente per provocare infiammazioni artificiali dei foruncoli; in antichi testi sanscriti, si dice che la radice sia emetica (e ci crediamo); in Africa centrale ed orientale, se ne preparano impacchi umidi per congiuntiviti e mastiti; sembra anche funzionare come drastico contraccettivo: una sola dose sarebbe capace di inibire 13 cicli mestruali.

Come i semi del carrubo da noi, i semi dell’abro sono serviti ai gioiellieri del lontano Oriente per pesare oro, argento, diamanti e perle, prima che si inventassero le bilance di precisione. Ma al di là di tutto, il principale motivo del successo dell’abro non è quantificabile economicamente: l’abro è il fagiolino portafortuna, e la fortuna è cieca...

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