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CIPOLLA D'INVERNO: A prescindere dal clima

Ci sono delle piante che mi spiazzano un po’, che minano certe mie certezze, a volte faticosamente conquistate. Una di queste è che le piante, stando ferme, risentono delle condizioni ambientali e climatiche di un territorio, di cui sono in un certo senso l’espressione. Comprenderete allora il mio disappunto quando leggo che la distribuzione geografica della cipolla d’inverno va dalla Indonesia alla Norvegia! E nei testi che consulto regolarmente si specifica che questa Alliacea ha probabilmente una origine siberiana, ma anche che la sua coltivazione è molto diffusa negli Stati dell’Africa equatoriale che si affacciano sul golfo di Guinea, dove il clima è opposto a quello della Siberia...

Dunque? Ne deduco che la cipolla d’inverno, in botanica Allium fistulosum, ha una valenza ecologica amplissima, ed è capace perciò di vivere in condizioni ambientali e climatiche alquanto diverse, per non dire opposte.

Senza dubbio questa specie era coltivata in Cina già prima di Cristo, e in Giappone almeno dal VI secolo. È fondamentalmente una cipolla, ma da Allium cepa si differenzia per i bulbi più piccoli ed oblunghi anziché sferici o schiacciati, per gli scapi fiorali (i fusti) in genere più corti, e soprattutto per le foglie, che sono fistulose – da cui il nome della specie -, cioè cave all’interno. Per il resto ha la consueta infiorescenza sferica, con piccoli fiori bianchi o viola a 6 tepali. Spesso i bulbi sono proliferi, ed hanno una “buccia” rossa, rosa scuro o bianca, a seconda delle cultivar.

Come si è detto, la cipolla d’inverno è coltivata un po’ in tutto il mondo, a scopi alimentari, in genere per piccole produzioni familiari, e consumata alla stregua della cipolla; noi italiani di solito la chiamiamo “cipollotto”. In Europa ha avuto fortuna anche come pianta ornamentale, in virtù delle sue ricche infiorescenze, soprattutto nel mondo anglo-sassone, dove è nota come “welsh onion”: “welsh” è la contrazione di “welisc”, che in inglese arcaico sta per “straniero”.

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