Tutti i salici appartengono al genere Salix, quindi alla famiglia delle Salicaceae; quello più importante, sotto il profilo paesaggistico e non solo, è il Salix alba, il salice bianco. A differenza di buona parte dei salici, che spesso restano a livello arbustivo (i salici nani delle vette alpine sono davvero minuscoli), il salice bianco è un vero albero, che svetta alto e slanciato negli ambienti ripari di tutta Europa, ossia in quei boschetti irregolari che costeggiano i nostri grandi fiumi, dalla Loira all’Elba, dal Tamigi al Danubio al Po. Quei consorzi vegetali sono capaci di sopportare i frequenti allagamenti del territorio in cui abitano, e si può dire che gli apparati radicali delle specie arboree vivano in permanenza nell’acqua, affondate sotto il livello della falda. E quelle paludi antiche dove svettava il salice bianco erano molto più frequenti un tempo, prima che le bonifiche operate a scopi agricoli cambiasse per sempre il paesaggio planiziale europeo.
Come per quasi tutti gli altri salici, il valore medicinale di questa specie sta nella corteccia, che è ricca di acido salicilico, il noto precursore di tutte le aspirine. Ma il salice bianco possiede anche un alto valore simbolico: nella mitologia greca è l’albero posto alle porte degli Inferi, in quel territorio di transizione fra la terra e l’acqua, fra il mondo “di sopra” e il mondo “di sotto” rievocato dalla immagine della palude Stigia descritta da Dante.