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NANDINA: Il bambù sacro

Il bambù sacro non ha nulla a che fare con i bambù, che sono invece Monocotiledoni, e della famiglia delle Poacee, le graminacee che comprendono riso, frumento e canna da zucchero. Il bambù sacro, cioè la Nandina domestica, è invece una Dicotiledone, e appartiene alla famiglia delle Berberidaceae, la stessa del crespino o Berberis vulgaris.

La nandina è un arbusto sempreverde, capace di raggiungere i 150-180 cm di altezza. Dal suo apparato radicale partono fusti sottili ma legnosi, all’apice dei quali si sviluppano ampi cespi di foglie composte, pennate, costituite da foglioline lanceolate, di colore verde (oppure tendente al rosso in molte varietà coltivate); in genere le piante crescono a fusti vicini, in modo da offrire l’immagine di arbusto tondeggiante e compatto. I giovani germogli sono in genere rossastri, e durante l’inverno possono diventare completamente rossi. In primavera all’apice dei fusti sbocciano piccoli fiori candidi, riuniti in lunghe pannocchie. Nelle stagioni successive i fiori lasciano il posto a numerose piccole bacche di colore rosso vivo, che a volte rimangono sulla pianta fino alla primavera dopo.

Originaria dell’Asia, in un territorio che va dall’Himalaya orientale all’arcipelago giapponese, questa specie è molto apprezzata sia in Giappone, sia in Korea, sia in Cina: viene piantata spesso nei pressi dei templi buddisti, perché si considera una pianta portafortuna. Esistono moltissime varietà ibride o cultivar di nandina (ce ne sono una settantina nel solo Giappone), alcune selezionate per il portamento particolarmente compatto, altre per il fogliame che rimane rosso o aranciato per tutto l’anno.

Il nome generico di Nandina è la latinizzazione del suo nome giapponese, che è nan-te. Notò questa pianta William Kerr, il botanico cui è dedicata la kerria o rosa del Giappone: la inviò da Canton a Londra nel 1804, e da allora è ospite fissa e gradita dei giardini europei e nordamenricani: non ha bisogno di molte cure e si adatta facilmente ai nostri climi.

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