Il sito GRIN (Germplasm Resources Information Network), che consulto regolarmente per dare il corretto nome scientifico ai vegetali, mi dice che le specie riconosciute dai botanici quali appartenenti al genere Acacia sono 426. Pur avendo una certa tendenza all’enciclopedismo, mi sembra giocoforza non descrivervele tutte (paura, eh?), ma raccontarvi solamente di quelle che hanno avuto, nella storia dell’umanità, una certa importanza. E ce l’hanno tuttora: da quella di uso forse più antico, la Acacia nilotica, sfruttata da millenni nella terra dei Faraoni, ed oggi nota come gomma arabica, fino all’ultima arrivata, la Acacia dealbata, la mimosa assurta a simbolo della Giornata della Donna in Italia.
Fedele allo schema a cui si ispira il nostro sito, inizierò a parlarvene suddividendo le nostre specie per continenti, premettendo che, insieme al genere Acacia, vanno inseriti i generi Senegalia e Vachellia, quasi sempre sinonimi di Acacia nelle nomenclature meno aggiornate.
Proseguendo nel nostro viaggio nel Vecchio Mondo, incontriamo nella Penisola indiana e nelle zone limitrofe la Senegalia catechu: dal legno di questa specie si ottiene il catechu nero, un prodotto ricco in flavonoidi e catecolamine apprezzato nella medicina tradizionale indiana, un colorante ed una sostanza usata nell’industria conciaria. Valenza terapeutica ha anche la Acacia concinna, oggi Senegalia rugata, nota come shikakai o chikaki, delle stesse zone.
Il regno delle acacie è però senza dubbio la savana australiana, il “bush” del Continente Nuovissimo. E vi garantisco che un viaggio nella terra dei canguri durante la fioritura delle acacie e degli eucalipti è un viaggio che resterà nella vostra memoria olfattiva. Le acacie australiane sono numerosissime. Quasi tutte hanno fiori gialli (ce ne sono anche bianchi o aranciati), nella loro tipica infiorescenza compatta, sferica o allungata, ma è soprattutto nelle foglie che si legge la grande variabilità delle acacie: ci sono foglie semplici o composte, lineari, lanceolate od ovate, con o senza picciolo; a volte le foglie mancano, a volte sono sostituite da spine; anche i frutti variano molto e così le cortecce ed il portamento generale della pianta (in genere si tratta comunque di alti arbusti).
L’elenco delle specie sarebbe lunghissimo, ma mi limito a quelle che abbiamo esportato nel resto del mondo, sia per il loro valore ornamentale sia per la funzione di consolidamento dei terreni franosi e di barriere frangivento: sono Acacia alata, Acacia aneura, Acacia argyrophylla, Acacia baileyana, Acacia cyclops, Acacia longifolia, Acacia mangium, Acacia melanoxylon, Acacia saligna, Acacia spectabilis, solo per citarne alcune. Fra tutte spicca ovviamente la Acacia dealbata, la mimosa della Giornata delle Donne, proveniente dalla Tasmania e dall'Australia meridionale.
Anche nel Nuovo Mondo prosperano le acacie, che in questo caso rientrano nel solo genere Senegalia. Ne cito due che vivono entrambe fra Messico e Stati Uniti: la Senegalia berlandieri, conosciuta come guajillo, ottima pianta mellifera, ricca però di alcaloidi potenzialmente tossici, e la Senegalia greggii, chiamata anche “artiglio del gatto”, per via delle sue numerose spine ricurve poste lungo i rametti, e talora usata nella alimentazione dalle tribù native.