Secondo una antica ricetta, le giuggiole mature venivano cotte in acqua, insieme a mele, zucchero (o meglio miele) e vino, fino ad ottenere una sorta di liquore, considerato una leccornia, appunto “il brodo di giuggiole”. Ecco spiegato il significato di una frase usata per definire uno stato di animo particolarmente gioioso, proprio di chi “gongola”.
Lo Ziziphus zizyphus, o Ziziphus jujuba, è un grosso cespuglio, raramente un alberello, dai rami spinosi tipicamente zigzaganti; le foglie sono alterne di forma obovata, e margine appena seghettato, con nervature subparallele; i fiori sono disposti in cime tondeggianti, poco evidenti, all’ascella delle foglie, con piccoli fiori pentameri biancastri; il frutto è una drupa simile ad una grossa oliva, chiamata a volte, non a caso, “dattero rosso”, verde o bruno chiara, a tinte rossastre, con un unico seme. È una pianta facile da coltivare, con pochissime esigenze: forse meriterebbe una riscoperta. C’è qualcuno intenzionato a immettere industrialmente sul mercato il brodo di giuggiole? Ne avremmo bisogno.