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BASILICO SACRO: Una fogliolina per l'aldilà

Un giorno, una signora cingalese, di recente giunta in Italia, mi vide armeggiare intorno alla mia piantina di basilico, che tenevo in un vasetto come riserva di foglioline fresche per la mia insalata di pomodori. Notai che la guardava con curiosità, e alla fine mi chiese: “Chi è morto?”. Questa signora aveva riconosciuto il basilico, essenzialmente dall’odore, ma aveva in mente non il nostro Ocimum basilicum, quello del pesto per intenderci, bensì l’Ocimum tenuiflorum, che in Asia è considerato piantina sacra, dedicata appunto al culto dei morti. È noto quasi ovunque con il nome hindi di “tulsi”, derivante a sua volta dal sanscrito “tulasi”.

Il basilico sacro è una pianta eretta, alta dai 30 cm fino ad 1 m, dal fusto a base quadrangolare, di solito legnosa, molto ramificata. I giovani rami sono pubescenti. Le foglie, piuttosto piccole, semplici e picciolate, hanno lamina lanceolata, base cuneata, apice acuto oppure ottuso, margine appena dentato; variano dal colore verde fino al viola, e sono spesso pubescenti, soprattutto lungo le nervature. Il loro aroma è quello, inconfondibile, del basilico. I fiori sono riuniti in racemi terminali, disposti a verticilli; hanno corolla bianco-lilacina, bilabiata. I frutti sono cassule distinte in 4 logge nere, ovoidali, contenenti minuscoli semi (chi ha seminato il basilico, sa quanto siano minuscoli i suoi semi…).

L’Ocimum tenuiflorum va considerato indigeno in tutta l’India a partire dall’Himalaya, in Malesia e in altre aree dell’Asia tropicale; oggi è diffusamente coltivato e naturalizzato in diverse parti del mondo: Caraibi, isole del Pacifico, Africa equatoriale. L’ampia documentazione fornitaci dal Kew Garden ci segnala che, nei cortili dei templi e delle fortezze Hindu, il basilico sacro è stato da sempre coltivato quale pianta rituale, capace di depurare corpo e anima; va identificato con Lakshmi, sposa di Vishnù, dea della bellezza e dell’armonia, invocata per concedere figli a chi li desidera. Per la credenza che possa aprire le porte del Cielo, alla persona in punto di morte si pone una foglia di basilico sul petto; dopo la morte si lava la testa del defunto con acqua contenente semi di lino e basilico, quindi si brucia per disinfettare l’aria.

Grazie ai suoi oli essenziali, ricchi in eugenolo ed altre sostanze affini, la medicina Ayurvedica lo prescrive per curare le affezioni respiratorie, ed inoltre come antidoto ai morsi di insetti e serpenti. In Thailandia si usa contro la nausea, il vomito e la diarrea; in Nepal serve da vermifugo. Se si professa la religione buddista, il basilico sacro non si mangia - sarebbe una bestemmia – ma altrove compare come condimento in alcune ricette, ad esempio cinesi (a volte, in Cina si usa anche come sostituto del the). Ma in tavola non ho dubbi, preferisco ovviamente il mio basilico di Prà, quello che tengo in cucina.

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